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Crimini di Guerra

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Bamiyan, Afghanistan, le statue buddiste distrutte

Bamiyan, Afghanistan, le statue buddiste distrutte

Antiochia di Siria, ora in territorio turco,  venne fondata nel 300 a.C da uno dei generali di Alessandro Magno, Seleuco I Nicatore. Per oltre due secoli fu capitale del Regno dei Seleucidi, dinastia di origine macedone che regnò sulla Siria e le regioni contigue finché nel 64 a.C con la  conquista di Pompeo divenne provincia romana di Siria. Nel 221 d.C Antiochio il Grande  ordinò la costruzione della Biblioteca Reale di Antiochia, che rimase punto di riferimento per oltre un secolo per gli studiosi di allora. Antiochia, con la sua biblioteca, era considerata da molti la capitale culturale del mondo antico. Ma nel 363 d.C la biblioteca  venne distrutta per ordine dell’imperatore cristiano Gioviano che non sopportava i libri di ispirazione non cristiana. La cultura siriana del tempo lo considerò un atto barbarico.

Da allora, pretesti pseudo-religiosi o politici sono stati usati ovunque per compiere scempi nei confronti della cultura. La storia moderna ne è piena, dalle statue di Buddha a Bamiyan, in Afghanistan, al ponte di Mostar, all’incendio della biblioteca di Sarajevo, al patrimonio culturale depredato durante le guerra in Iraq, fino alla distruzione di una parte del sito archeologico di Palmira, in Siria. Ma da quel 363 d.C abbiamo dovuto attendere 1653 anni per assistere alla prima condanna per crimini di guerra contro il patrimonio culturale.

“La camera di consiglio” sentenzia il giudice Raul Pangalangan dell’ICC, il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja,  “ritiene unanimemente  il signor Mahdi colpevole dell’attacco contro luoghi protetti, considerandolo un crimine di guerra.” Mahdi viene condannato a nove anni di detenzione.  Durante il processo Ahmad al-Faqi al-Mahdi si era dichiarato colpevole. Aveva chiesto perdono esortando tutti i musulmani a non seguire il suo esempio. Ha detto di essere stato come investito da ‘un’onda del male’ da parte di gruppi armati quali Al Qaeda e Ansar Dine.

Durante il conflitto nel Mali nel 2012 Mahdi ha distrutto luoghi storici a Timbuktu. Guidava un gruppo di cosiddetti ‘poliziotti religiosi’, che aveva preso per breve tempo il controllo dei luoghi storici antichi di Timbuktu. Con mazze, picconi e piedi di porco ha distrutto insieme ai gruppi armati islamisti nove mausolei sacri e storici oltre  al portone d’ingresso di una moschea.

Il Tribunale Penale Internazionale, con sede all’Aja,  è un organo giurisdizionale costituito per giudicare crimini di genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e crimini di aggressione. Per tre anni ha indagato sui crimini commessi in Mali, quando i tuareg si impadronirono di alcune parti del territorio nel deserto a nord del Paese. In quel periodo vennero violate moschee, templi e luoghi sacri e storici a Timbuktu, città considerata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità. Fra il quattordicesimo e sedicesimo secolo la città fu un importante centro culturale e commerciale del mondo arabo. Nel 1526  il geografo ed esploratore berbero Giovanni Leone dei Medici, meglio noto come Leone l’Africano, dopo aver visitato Timbuktu scrisse: “qui c’è un gran stuolo di dottori, giudici, preti e altri uomini di cultura che sono mantenuti riccamente dalla generosità del re.”

Dal 2012 ad oggi a Timbuktu sono andati perduti, rubati o bruciati quattromila manoscritti antichi. Il pubblico ministero al tribunale  dell’Aja ha definito queste distruzioni “una perdita irreparabile per tutta l’umanità e per le future generazioni.” Mahdi, ex insegnante, guidava una ‘squadra anti-vizio’ che agiva a Timbuktu come un tribunale islamico. Apparteneva al gruppo Ansar Dine, affiliato ad Al Qaeda. Considerava proibiti dall’Islam quei luoghi sacri e storici, nonostante durante il quattordicesimo secolo Timbuktu fosse un rinomato centro di cultura islamica.

Ahmad al-Faqi al-Mahdi

Ahmad al-Faqi al-Mahdi

Il verdetto del Tribunale Penale Internazionale sarà certamente preso in considerazione anche in altri casi di crimini contro il patrimonio culturale che d’ora in poi potranno essere considerati crimini di guerra. “E’ un importante precedente”, afferma Tess Davis, direttore esecutivo di The Antiquities Coalition, organizzazione che lotta contro il traffico delle opere d’arte. “Sono cose che abbiamo già visto, dai nazisti, ai Khmer Rossi, ai Talebani e dobbiamo por fine all’impunità per questi crimini.”

Il trattato istitutivo del Tribunale Penale Internazionale mette fuorilegge chi distrugge, anche in atti di guerra, monumenti storici, ospedali, edifici dedicati al culto, all’educazione, all’arte o alle scienze, ma permette anche questi stessi atti se mirano a raggiungere obiettivi militari. Nella seconda guerra mondiale, le forze alleate hanno sostenuto che il bombardamento di Dresda e di altre città ha contribuito a frantumare il morale tedesco, a rallentare la macchina da guerra nazista e a porre fine al conflitto. Quelle stesse giustificazioni vengono invocate di fronte ai conflitti odierni.

Il Medioriente, attuale teatro delle guerre più violente, è il territorio più a rischio dal punto di vista delle opere d’arte e del patrimonio culturale,

Oggi la minaccia più grave è rappresentata da Daesh, il gruppo islamista conosciuto anche come Isis. Daesh ha già distrutto luoghi archeologici a Palmira in Siria, compreso il Tempio di Bel e abbattuto statue, alcune autentiche, in marmo, altre copie in gesso. Ma vi sono innumerevoli altre situazioni meno note ma altrettanto a rischio. Come edifici e monumenti appartenenti alla cultura musulmana sciita o agli Yazidi, gruppi considerati eretici da Daesh.

In passato vi sono anche tentativi di mettere in salvo opere d’arte e siti storici. Nella seconda guerra mondiale vennero rimosse statue dalle piazze e vetrate dalle chiese di tutta Europa per salvarle dai bombardamenti aerei. Allo stesso modo, molte reliquie sono state spedite dal museo di Mosul a Baghdad prima che Daesh occupasse la città, per salvare una parte dell’enorme patrimonio culturale dell’Iraq, culla delle civiltà antiche e già ampiamente depredato durante le recenti guerre del Golfo, quando con il caos che seguì dopo l’invasione americana, venne trafugata una quantità straordinaria di oggetti d’arte antichi finiti poi  nelle mani di mercanti d’arte e collezionisti in Occidente.

02.10.2016

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