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Tributo al Coraggio

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Asma Jahangir (1952-2018)

I giornalisti che seguivano le vicende politiche e giudiziarie del Pakistan degli ultimi anni non occorreva che l’andassero a cercare per intervistarla o chiedere cosa stava succedendo in un Paese dalla perenne incertezza politica o sociale. Era sempre lì. Lì dove bisogna essere. Alle manifestazioni per la libertà di espressione, per la lotta contro le ingiustizie, per la verità giudiziaria, sempre a combattere per i diritti dei più deboli.

Asma Jahangir era avvocato e attivista per i diritti umani. Fu la prima donna a diventare presidente dell’Associazione avvocati della Corte Suprema. Insieme ad altri avvocati diceva che i giudici interferivano con la politica. La ricordiamo a due anni dalla sua scomparsa, avvenuta all’età di 66 anni.

La sua reputazione di paladina dei diritti umani se l’è guadagnata sul campo. A manifestare davanti alla Corte Suprema di Islamabad, diventando la voce della coscienza in un Paese costantemente minacciato da soprusi, corruzione, terrorismo, fanatismo e tanto altro. Sempre a difesa dei più deboli. Nel 2012 disse che era stato scoperto un tentativo di assassinarla. “Mi rifiuto di lasciare il Paese nonostante le minacce”, disse in un’intervista. “Non me andrò. I miei antenati sono sepolti qui. La mia vita è qui.”

Cresciuta a Lahore, capitale culturale del Pakistan, come molti nel suo Paese ha seguito i primi insegnamenti in una scuola cristiana. Dopo la laurea divenne attivista per i diritti umani e finì in carcere per aver preso parte al Movimento per la restaurazione della democrazia contro il regime militare di Zia-ul-Haq. Per due anni a Ginevra fu vice presidente del Movimento internazionale per la Difesa dei bambini. Due anni dopo tornò in Pakistan dove fondò la Commissione pakistana per i diritti umani, diventando Segretario Generale. Venne nuovamente arrestata nel 2007 dopo l’imposizione dell’emergenza. Per sei anni, fino al 2010 fu Relatore speciale dell’ONU per la libertà di religione prendendo parte a comitati dell’ONU per far luce sulle violazioni dei diritti umani a Sri Lanka e prese parte a una missione sugli insediamenti israeliani in Palestina. Nel 2016 fu nominata Relatore Speciale dell’ONU sulla situazione dei diritti umani in Iran, carica che mantenne fino alla sua morte due anni dopo.

La sua lotta contro i deboli e per i diritti umani è stata costante. “Sono angosciata per le violazioni dei diritti umani nel Kashmir indiano e contro i Rohingya in Birmania, o contro i cristiani in Orissa, ma ovviamente sono più preoccupata per le violazioni a casa mia”, disse in un’intervista, “perché mi sento più vicina alla gente con cui vivo… come faccio a parlare dei diritti dei Kashmiri senza parlare dei diritti di una donna di Lahore che viene massacrata a morte.”

11.02.2010

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