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L’ultimo schiaffo

L’ultimo schiaffo
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Gli ultimi metri percorsi dai tedofori con la torcia sono tra i più affascinanti dell’intera Olimpiade. La fiamma che si alza dal braciere è il segnale che la competizione può partire. Ma ecco dal cilindro magico cinese la sorpresa. Un uomo e una donna insieme salgono le scale e accendono la fiamma. La donna si chiama Dinigeer Yilamujiang, ventenne sciatrice di fondo, il cui ultimo risultato sportivo in Coppa del mondo è stato il 56esimo posto nella staffetta di 30 km con la squadra cinese in una gara in Svizzera un anno fa. In base alle informazioni fornite dalla Cina poco prima di quel momento si tratta di un’atleta di origine uigur, quello stesso gruppo etnico che da tre anni viene discriminato, criminalizzato, perseguitato nel Xinjiang, la regione occidentale cinese dove vive la maggior parte dei dodici milioni di uigur, etnia turcofona di religione musulmana. Secondo gli Stati Uniti nel Xinjang è in atto un genocidio della popolazione e un crimine contro l’umanità.

Quando nel 2017 un gruppo di giornalisti di varie parti del mondo documentarono ciò che stava accadendo nel Xinjiang molti si chiesero: possibile che il governo di Pechino abbia creato dei gulag per i musulmani? Possibile che gli uiguri venissero detenuti perché sospettati di estremismo o perché pregavano inginocchiati su un tappeto o perché si lasciavano crescere la barba? Possibile che siano costretti a memorizzare il pensiero di Xi Jingping anziché i versetti del Corano? Documenti fatti filtrare in segreto alla stampa in Occidente, testimonianze dei familiari all’estero e gli occhi dei satelliti confermano tutto. Circa trecento edifici sono stati costruiti per ‘ospitare’ un milione o forse più di uigur. ‘Tutte menzogne’ è stata la prima reazione della Cina. La seconda è stata: ‘si tratta di centri di rieducazione e addestramento’, una sorta di avviamento al lavoro.

Otto anni fa alcuni attacchi terroristici uccisero una quarantina di persone in un mercato a Urumqi, capoluogo del Xinjiang. Ma anziché perseguire i responsabili di quegli atti il governo cinese decise una punizione collettiva. In un baleno vennero costruiti campi di detenzione.

L’articolo due della Convenzione delle Nazioni Unite sulla prevenzione e la repressione del genocidio recita: ‘il genocidio è considerato tale quando si verifica uno qualunque dei seguenti atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso; uccidere membri del gruppo; causare danno grave fisico o mentale ai membri del gruppo; infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita calcolate per condurre alla distruzione fisica in tutto o in parte; imporre misure intese a prevenire le nascite all’interno del gruppo; trasferire con la forza bambini del gruppo ad un altro gruppo.

L’indottrinamento nel Xinjiang non si ferma ai maschi adulti. Bambini sono sottratti alle loro famiglie e costretti a imparare la lingua cinese. Donne sterilizzate con la forza per diluire la popolazione e far crescere il numero dell’etnia maggioritaria han, che già rappresenta in Cina il 92 per cento di tutta la popolazione. Secondo dati ufficiali in due province fra il 2015 e il 2018 il tasso di nascita nella popolazione uigur è sceso di oltre il 60 per cento. Le donne uigur unendosi in matrimonio a membri dell’etnia han vengono compensate con un appartamento, un posto di lavoro oppure i loro familiari vengono risparmiati dai campi di indottrinamento forzato.

In Cina vi sono 56 gruppi etnici diversi che il governo centrale vuole riassorbire nella popolazione han. Come si può interpretare allora la decisione di far accendere la fiamma olimpica da un’atleta di origine uigur? E’ forse un segnale di apertura verso la comunità uigur dopo le accuse da tutto il mondo nei confronti della Cina? Una specie di rassicurante pacca sulle spalle verso il fratello più piccolo? In realtà non sembra altro che un’ulteriore prova di forza di Xi facendola passare, se non per magnanimità, perlomeno per apertura verso le diversità culturali e magari anche religiose. ‘Qui comando io’ è il messaggio di Xi. Un’umiliazione per gli uigur del Xinjiang mascherata da generosità.

Pechino è l’unica città ad aver ospitato i Giochi olimpici estivi e invernali e per lo più a soli quattordici anni di distanza. Ma ci si dimentica che le scelte vennero fatte dopo la rinuncia di alcuni Paesi europei dettata da considerazioni di natura economica o dal mancato sostegno popolare. Non si è trattato perciò di un premio alla Cina per i suoi meriti. Mentre scende la credibilità ma anche il timore della Cina fra i Paesi occidentali, Stati Uniti in testa, Xi flette i muscoli già gonfi in patria esibendoli al mondo di mezzo, cercando di portare dalla sua parte quei Paesi ancora indecisi che aspirano a diventare potenze regionali e offrendo la Cina come centro di stabilità in un mondo in crisi. Dai Giochi estivi di Pechino 2008 la Cina ha fatto grandi passi. Non deve più ora dimostrare i suoi progressi al mondo e li può vendere a chiunque possa permetterselo, ma anche offrirli a chi non può permetterselo elargendo crediti che in un modo o nell’altro dovranno un giorno essere ripagati.

Il disprezzo della Cina verso i diritti umani nel Xinjiang e a Hong Kong ha spinto le diplomazie di Stati Uniti e Paesi anglofoni alleati a disertare la cerimonia inaugurale dei Giochi. Unico Paese dell’Unione Europea ad aver aderito al boicottaggio diplomatico è stata la Lituania. La presenza più significativa a Pechino è stato il presidente russo Vladimir Putin che ha confermato con l’amico Xi l’avvicinamento fra i due più grandi Paesi comunisti della storia soprattutto in chiave antiamericana. Il comunismo nell’Unione Sovietica ha avuto la sua massima espressione. Oggi sopravvive in Cina anche se insieme al capitalismo in un sistema con caratteristiche cinesi, come amano ricordare a Pechino. Alla cerimonia olimpica oltre a Putin hanno presenziato ventidue capi di stato e di governo, quasi tutti accumunati da sentimenti di simpatia, a volte passione, per l’autoritarismo. Di Arabia Saudita, Qatar, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Pakistan tutto si può dire meno che siano Paesi particolarmente distintisi in discipline olimpiche invernali, a significare che le Olimpiadi sono un gioco più che mai intriso di significati politici. Alla cerimonia c’erano anche i cinque Paesi dell’Asia centrale ex sovietica, che avevano già avvicinato le loro economie a quella cinese. Presente anche la Polonia, unico Paese dell’Unione Europea. Come l’Ungheria, la Polonia deve ancora decidere se rimanere in Europa anche con il cuore e la mente oltre che con il portafoglio. Presenti anche i leader di Serbia, dimostratasi in questi ultimi meno attratta dall’Unione Europea e dell’Argentina, che sta pensando alla Cina per costruire una centrale nucleare.

La contemporanea presenza di leader di Paesi importanti dal punto di vista geopolitico avvalora che sia in atto una prova di forza per il predominio non solo economico ma anche politico nel mondo. Da una parte l’Occidente, con gran parte dei Paesi europei e dei Paesi anglofoni nel mondo e dall’altra il binomio Cina-Russia che sta cercando di accaparrarsi le simpatie, ma soprattutto appoggi geopolitici dei quali già gode in molte regioni africane e asiatiche. L’obiettivo finale è di dettare l’agenda politica, economica e anche militare del prossimo decennio e anche oltre. Gli Stati Uniti con fatica stanno cercando di respingere l’attacco cinese. L’Europa è ufficialmente a fianco degli Stati Uniti. Ma contrariamente alla Polonia e all’Ungheria, il cuore e la mente dell’Europa sono con gli americani, ma il portafoglio guarda alla Cina.

5 febbraio 2022

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