India: Ritorno al Passato
Mentre il presidente degli Stati Uniti Donald Trump in visita in India e il primo ministro indiano Narendra Modi tessevano le lodi dei rispettivi Paesi cementando la loro amicizia, una folla crescente, fazzoletti color zafferano intorno alla fronte, si avviava verso i quartieri a nord-est di Delhi abitati da molti musulmani, armata di spranghe di ferro, bastoni e mazze da baseball. I giornalisti che seguivano il corteo venivano minacciati e sono dovuti scappare per mettersi in salvo. Lo scontro con gruppi di musulmani è stato terribile.
Le immagini giunte dalla capitale indiana sembrano quelle di una guerra. Auto bruciate, negozi devastati, distruzione ovunque. I messaggi via internet e twitter sono ancora più incendiari, chiedono via libera alla polizia ‘per mettere le cose a posto’. Il sangue sui volti della gente ha fatto il resto. Quattro giorni di guerriglia urbana hanno lasciato sul terreno decine di morti. “Questa follia devi finire immediatamente” ha scritto in un tweet il governatore di Delhi Arvind Kejriwal. In alcuni quartieri alla periferia di Delhi è stato imposto il coprifuoco e la polizia ha l’ordine di sparare a vista.
Molta gente nelle zone abitate dai musulmani si sentono vittime e accusano il governo guidato da Modi di averli di fatto abbandonato e di aver incoraggiato i nazionalisti indù a scendere in strada contro i musulmani. La tensione è salita alle stelle dopo una legge introdotta dal parlamento il 15 dicembre 2019 che consente a chi appartiene a minoranze religiose di tre Paesi limitrofi all’India, Afghanistan, Pakistan e Bangladesh, di ottenere la cittadinanza indiana. Si tratta di tre Paesi a maggioranza religiosa musulmana quindi le minoranze sono di religione non musulmana. Un altro Paese limitrofo, Myanmar, abitato in prevalenza da buddisti ma con una minoranza musulmana, i Rohingya, non viene incluso fra i Paesi beneficiari. Di fatto una conferma che si tratta di una legge discriminatoria che concede la cittadinanza solo ai cittadini non musulmani. Centinaia di migliaia di musulmani, indù, cristiani, studenti, insegnanti, attivisti dei diritti umani da allora manifestano pacificamente in molte aree della capitale e in altre città contro la nuova legge, considerata una minaccia alle tradizioni laiche dell’India e che di fatto usa l’appartenenza religiosa come criterio per concedere la cittadinanza.
La gente è scesa in piazza anche nel quartiere di Maujpur, a nord-est della capitale, abitato da molti musulmani. La settimana scorsa gli abitanti del quartiere, fra cui molte donne, hanno occupato pacificamente una delle strade principali bloccando il traffico. Il giorno dopo è apparso Kapil Mishra, leader locale del partito del primo ministro Modi, minacciando di far sgomberare la strada con le buone o le cattive subito dopo la conclusione della visita in India di Trump. La tensione è salita alle stelle. Gli indù con i vessilli color zafferano, il colore simbolo degli indù, decisi a scontrarsi con i musulmani con in mano il tricolore indiano.
Moschee sono state assaltate. Sui minareti è stata issata la bandiera dei fondamentalisti indù. Al lancio di pietre hanno fatto seguito incendi di auto, di negozi e una caccia all’uomo. Poi gli spari delle forze dell’ordine. Dopo quattro giorni di violenza si contavano più di trenta morti. Molti hanno accusato la polizia di girarsi dall’altra parte mentre gruppi di indù picchiavano musulmani.
Fanatismo e nazionalismo indù sono andati crescendo dopo l’ascesa di Modi al potere, in un Paese di un miliardo e trecento milioni di abitanti, di cui ottanta per cento indù e quattordici per cento musulmani. Hindutva, traducibile con induizzazione della società, è lo slogan dei seguaci del Bharata Janata Party (BJP) il partito di Modi che domina la scena politica in India dal 2014. Fino ad allora, il governo americano aveva negato a Modi il visto d’ingresso negli Stati Uniti. Modi era governatore del Gujarat, lo stato che diede i natali a Mahatma Gandhi quando nel 2002 saccheggi e violenze sfociarono in almeno mille morti, in gran parte musulmani. Modi venne accusato di incoraggiare la caccia ai musulmani e di dare di fatto il via libera al massacro consentendo alla polizia di non intervenire. Otto anni fa un’inchiesta della Corte Suprema scagionò Modi da qualsiasi responsabilità, ma i sospetti sono rimasti e il divieto per Modi di entrare negli Stati Uniti non è stato rimosso fino alla sua ascesa al potere.
La Repubblica Indiana nacque nel 1947 quando l’impero britannico venne diviso, l’India per gli indù e il Pakistan per i musulmani. Portò ad un esodo di dieci milioni di persone che sfociò in scontri religiosi che causarono un milione di morti. L’India si dotò allora di una Costituzione laica che sancì il diritto di libertà religiosa a tutti diventando di fatto la più popolosa democrazia del mondo.
Ma dopo l’ascesa al potere di Modi, in seno al partito BJP hanno preso sempre più corpo le voci ultranazionaliste. I più fanatici chiedono che l’India diventi uno stato indù. E Modi in questi sei anni ha introdotto una serie di leggi e misure discriminatorie nei confronti dei musulmani, incoraggiando di fatto il nazionalismo indù a scapito della laicità sancita dalla Costituzione.
27.02.2020