Humanitas diritti umani

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Bianco e Nero

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(AP Photo/Sergei Grits)

Il 10 dicembre 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approva e proclama la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Articolo Uno: Gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Articolo Due: Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinziondi razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politicaorigine nazionale o sociale, ricchezza, nascita o altra condizione o genere. Nessuna distinzione sarà stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del Paese o territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità. 

La guerra lanciata dalla Russia in Ucraina ha stracciato la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Centinaia di migliaia di persone sono costrette a fuggire per trovare rifugio nei Paesi vicini. La Polonia più di tutti sta sopportando il peso degli arrivi ma anche Ungheria e Romania. Le colonne di auto con a bordo famiglie con bambini, le migliaia di persone accalcate alle stazioni ferroviarie in attesa di riuscire a entrare in treni sovraffollati e fuggire dalla guerra hanno commosso il mondo intero. Come la storia di un padre che affida ad un’estranea i suoi due bambini perché li porti in salvo oltre confine in Ungheria. Il padre deve tornare indietro, non può lasciare l’Ucraina, deve imbracciare le armi come tutti gli uomini fra i diciotto e i sessant’anni.

Con tutto il rispetto”, dice il corrispondente della CBS News americana, “questo non è un luogo come l’Iraq o l’Afghanistan che hanno visto conflitti per decenni…questo è un posto europeo, relativamente civilizzato, dove uno non si aspetta questo…” In un programma della BBC commenta l’ex vice capo procuratore dell’Ucraina: “E’ tutto molto emotivo per me, vedo europei con occhi chiari e capelli biondi che vengono uccisi ogni giorno dai missili di Putin, dai suoi elicotteri e dai suoi missili.” Un conduttore di Al Jazeera descrive gli ucraini in fuga, “persone prospere della classe media… non sono, è ovvio, profughi  che scappano da aree del Medioriente che sono sempre in stato di guerra, non è gente che scappa dal Nordafrica, sembrano tutti di una famiglia europea che abita nella porta accanto…”. Un giornalista della televisione francese BFM: “Non stiamo parlando di siriani in fuga dal regime siriano sostenuto da Putin, parliamo di europei che scappano in auto come le nostre, per salvarsi la vita.” Jean Louis Bourlanges, deputato francese, descrive i profughi ucraini “…immigrati di grande qualità, intellettuali, di cui potremmo averne vantaggio…” Kiril Petkov, primo ministro della Bulgaria: “Questi non sono profughi a cui siamo abituati. Sono europei, intelligenti, educati, alcuni sono programmatori informatici… non è il solito profugo con un passato sconosciuto. Nessun paese europeo ha paura di loro…”

Sono affermazioni pronunciate con orgoglio, a significare che è giusto essere magnanimi e offrire riparo, alloggio, asilo, ricongiungimento familiare, forse anche un lavoro a chi soffre come soffrono oggi gli ucraini. Dopo aver letto alcuni commenti sui social media qualcuno fa una marcia indietro. Il corrispondente della CBS News dice di essersi un po’ pentito di quello che ha affermato. Al Jazeera definisce poi ‘inappropriati e insensibili’ i commenti del suo conduttore. 

Tutti concordano che questa gara di generosità fra i vicini dell’Ucraina sia ammirevole. La solidarietà è un tratto che dovrebbe accomunare tutti gli esseri umani. Ma dove sono l’articolo uno e l’articolo due della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani quando iracheni, siriani, afgani, pakistani, curdi, africani arrivano alle nostre frontiere? Molti Paesi allora sembrano fare a gara a chi ne respinge di più. Torna a galla il vecchio argomento della ‘razza’ e del colore della pelle, mai davvero morto per alcuni. Davanti alla carnagione chiara le braccia si allargano, se la pelle è scura o bruna ci si gira dall’altra parte, dopo aver alzato fili spinati o muri.  Alcuni indiani ed africani, studenti o lavoratori mischiati in fuga insieme agli ucraini in questi giorni, hanno lamentato discriminazioni, sostenendo di aver avuto la strada sbarrata alla frontiera o di essere stati rimandati in fondo alla fila. 

Eppure non è la prima guerra dei ‘bianchi’, né fra ‘bianchi’. In Irlanda del Nord oltre tremila morti in trent’anni di guerra civile finita solo poco più di vent’anni fa, con tensioni che ogni tanto riaffiorano anche oggi. Nell’ex Jugoslavia, in dieci anni di guerra, finita vent’anni fa, centoquarantamila sono stati i morti. E poi altre guerre esportate nelle colonie dei ‘bianchi’. Ma per la prima volta l’Europa intera si stringe oggi in una gara di solidarietà accogliendo centinaia di migliaia di profughi, rifugiati, sfollati, senza se e senza ma. Da qui può ripartire l’Europa. Dopo aver trovato un’insperata coesione e vicinanza a chi soffre, finita questa guerra e questa crisi, deve trovare il coraggio e la forza di affrontare e risolvere con regole comuni il dramma di chi continuerà a fuggire da guerre, fame, siccità. Per tramutare un miraggio in un sogno per poi realizzarlo quel sogno di una vita migliore, per loro stessi e per i loro figli. Persone di ogni ‘razza’ e di ogni colore. 

28.02.2022

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